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Mangia che diventa freddo!

(Foto di copertina dall’articolo online de La Stampa, link nel testo)

 

E’ di qualche giorno fa la notizia che Enrico Crippa, chef del ristorante Piazza Duomo di Alba, tre stelle Michelin, ha ottenuto il Grand Prix de l’Art de la Cuisine. A Enrico Crippa vanno ovviamente le nostre congratulazioni.
Non inizierò a cantarvi le sue lodi, sarebbe superfluo e questo blog non si occupa di cucina.
Per quel che riguarda invece la fotografia, la mia attenzione è caduta ovviamente sull’affermazione contenuta nell’intervista:
“A chi fotografa i piatti vorrei dire: mangia che diventa freddo”.
Ecco, credo che entrerà a buon diritto tra le mie citazioni preferite.
“Mangia che diventa freddo”, lo vorrei dire ad un buon 95% delle persone che fotografano durante il tempo libero, non solo il cibo, ma la vita, vi si raffredda la vita sotto il naso!
Con questo non intendo dire che non si possa vivere un’esperienza fotografando, semplicemente che si tratta di fare una scelta importante e in qualche modo, una volta fatta, totalizzante.
Parlo di vivere un’esperienza, perché un conto è se sto fotografando i piatti per un ristorante, un conto è se sto fotografando i piatti mentre sto facendo cena al ristorante.
Se il nostro interesse è fotografare i piatti, perché ci hanno commissionato il lavoro (il ristorante stesso, una rivista, una casa editrice) o perché è un nostro progetto personale, l’unico modo sensato di farlo è farsi preparare i piatti appositamente per essere fotografati, andare lì solo per quello, con un piano, un’idea su come fotografarli, l’attrezzatura e il tempo necessario. E rassegnarsi al fatto che prima si fotografa e poi eventualmente si mangia. Dico eventualmente perché un piatto non può stare un paio d’ore ad aspettare che uno abbia finito di fare le foto ed essere ancora come lo chef ritiene che vada mangiato. C’è chi ti dice di assaggiarlo comunque e di tener conto che non è al meglio, chi invece preferisce evitare ed è una posizione condivisibile che va rispettata. In fondo sei lì per fotografare e non per mangiare.
Se invece siamo andati al ristorante per mangiare, ha senso mettersi a fare delle foto?
La domanda in realtà ha un carattere molto più generale: se sto vivendo una certa esperienza (una cena, una festa, una vacanza, una giornata a spasso) ha senso mettersi a fare foto?

Secondo me sì, ma a patto di essere decisi a viverla attraverso la macchina fotografica. Che non significa assolutamente andarci con una macchina fotografica, comportarci come ci comporteremmo senza e ogni tanto fare delle foto. Così avremo soltanto delle foto inutili e ci saremo persi quello che stava succedendo perché eravamo distratti a fotografare: mangia, che diventa freddo!
Significa invece un cambiamento di prospettiva, un compromesso che non può che essere totale; non c’è un modo standard per mettersi dietro la macchina fotografica, ognuno deve trovare il suo. Stare dietro all’obiettivo non vuol dire diventare uno spettatore passivo, ma trovare un proprio modo di stare al mondo con una macchina fotografica in mano e un dito pronto ad azionare l’otturatore.
Quindi sì, si può fotografare mentre si mangia, ma, per esempio, non bisognerebbe mai togliere l’occhio dal visore. Certo, sarebbe piuttosto maleducato a prima vista mangiare con una macchina fotografica davanti alla faccia, ma se è veramente quello che vogliamo fare, facciamolo e basta.
Tanto anche continuare a smanettare col cellulare o con qualunque apparecchio e fotografare ogni piatto è piuttosto maleducato, nei confronti dei commensali e del personale di sala, per cui tanto vale andare fino in fondo se ci si crede.

Se invece più che la fotografia ci interessa l’aspetto social basta un po’ di buon senso.
Per comunicare al mondo che siamo andati a mangiare nel tale ristorante, per menarcela o per consigliarlo, una foto è più che sufficiente.

 

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