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“Festa della donna”: come non fare comunicazione

festa della donna

È sempre forte la tentazione di sfruttare commercialmente qualunque ricorrenza e la “festa della donna” non fa pertanto eccezione.
Non sto dicendo che sfruttare le festività e le ricorrenze sia un modo immorale di fare marketing, ci mancherebbe. Però, ecco, ci sono alcuni distinguo da fare, non solo per questioni etiche e sociali ma affinché un’iniziativa che vi era sembrata intelligente non diventi la classica zappa sui piedi.

Vediamo un esempio: il post è pubblico, ma ho reso invisibili i riferimenti perché non mi interessa scatenare gogne mediatiche, ma soltanto dare consigli di marketing a chi ha orecchie per intendere.

festa della donna

Ok, già leggendo la headline rimango perplessa: come potrò usare una brioche contro la violenza di genere?
È talmente inaddentabile che posso lanciarla contro un molestatore in strada e stenderlo?
Si intuppa in gola quando la mastichi così che posso offrirla, con un falso sorriso, ad un marito violento sperando che ci si ingozzi, realizzando il delitto perfetto?

Temo di no, in fondo la brioche si chiama “No Violenza”, quindi anche la donna deve astenersi dal farne usi violenti. Magari, dopo il primo pugno in faccia può cercare di addolcire il compagno grazie al potere della crema pasticcera con note di frutti di bosco. Chi lo sa…

Il meccanismo unico

Il meccanismo unico di un prodotto è ciò che differenzia il tuo prodotto da quello della concorrenza.
Per esempio, parlando di una crema contro la cellulite, il meccanismo unico di una crema potrebbe essere quello di contenere della bava di alligatore, qualora ovviamente le altre non la contengano.

Se non puoi vantare un meccanismo unico, ma il tuo prodotto ha una funzione, dovresti spiegare almeno il meccanismo, soprattutto se non è ovvio. Intendo dire che per un normale ferro da stiro potresti anche non spiegarmelo come fa a stirare, ma se una brioche funziona contro la violenza di genere, allora sì che mi devi dire chiaramente come riesca a farlo.

Non ci è dato saperlo: “anche un dolce può diventare un modo per sensibilizzare contro la violenza di genere”. Ok, ma come? Come intercettate qualcuno che non è sensibile al tema? Dopo che lo avete intercettato gli date la brioche? E a quel punto come funziona? Come lo sensibilizza?

La “festa della donna”

Già puzza di ferragnata, ma voglio sperarci fino all’ultimo che dietro ci sia un disegno intelligente e per prima cosa vado sui social della pasticceria per vedere cosa mi dicono. Ecco quello che trovo (emoticon incluse):

“Domani è la festa della donna è basta poco per stupire la tua… 🌼💛 ”

Allora, signori cari: l’otto marzo è la “Giornata internazionale della donna”, quindi capisco che non devo aggiungere altro. Non è il giorno in cui ciascun uomo deve stupire la SUA donna, magari portandole una bella brioche con la pasta rossa (realizzata col colorante alimentare, sia chiaro che nessuna donna è stata fatta sanguinare per produrre la brioche contro la violenza).

Non so, potrei andare avanti per pagine a dover spiegare l’ovvio. Ma sarebbe inutile perché tanto chi ha capito sa già e chi non sa è perché non vuole capire, quindi mi riattacco le braccia che sono cadute sul pavimento e cerco di concludere.

Va bene fare i dolcetti per San Valentino. Va meno molto meno bene fare le tortine a mimosa per la “festa della donna”. È osceno fare una “brioche rossa contro la violenza di genere”, quando l’unica cosa che avete fatto è una CAZZO DI BRIOCHE, che nulla può fare contro la violenza di genere.

Lo ripeto se non è chiaro: state utilizzando un problema sociale come la violenza di genere, per pubblicizzare la vostra brioche e la vostra pasticceria, non state sensibilizzando niente e nessuno.

Di avviso contrario sembra il pasticcere, che intervistato sulla sua meravigliosa creazione dichiara:

pasticcere

O forse no: in un lampo di lucidità ha detto “magari non servirà”.
Magari eh.

Doverosa postilla

Quello che ho riportato è tutto e solo quello che sono riuscita a trovare sul web. Escludo che ci siano altre iniziative collegate a questa brioche, visto che in una lunga intervista su “Italia a tavola”, solo l’estratto che ho riportato sopra cita il meccanismo in base al quale dovrebbe avvenire il contrasto alla violenza sulle donne. Mi sembrerebbe strana la decisione di non citare altre iniziative più concrete in atto.
Dopodiché, se queste iniziative dovessero essermi sfuggite, ringrazio anticipatamente chiunque me le segnalerà e introdurrò le dovute rettifiche in questo articolo.

Ovviamente se qualche sociologǝ ha dei dati affidabili sull’utilità delle brioche rosse nella lotta alla violenza di genere, sono disposta a rimangiarmi tutto. Tranne la brioche, che mi è già stata sullo stomaco.

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