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Plastikwombat

scatta, sgomma, inchioda, impenna…

L’ho già detto vero che non mi piace parlare di “scatto” per indicare una fotografia?

Lo so che fin dalle elementari ci hanno insegnato che non si deve ripetere troppe volte la stessa parola in un testo, che se è proprio necessario bisogna usare un sinonimo, ma è poi così che, tanto per dirne una, su Trip Advisor la gente non mangia, ma degusta, assaggia, assapora, gradisce, si delizia e procede alla deglutizione del bolo alimentare.

Purtroppo, siamo spesso noi fotografi che dopo aver detto dieci volte “fotografia”, ci sentiamo monotoni, quasi come se un cliente venisse da noi per discutere della perigliosa vita dell’otaria albina e dell’indotto economico che è in grado di generare, ed iniziamo a parlare di “immagine” o finiamo talvolta  a parlare orrendamente di “scatto”.

Non dovremmo farlo.
Perché a me quando uno mi viene a dire “brava, bello scatto!” mi sento come quella persona che tira su un figlio facendone un adulto decente a cui dicono “brava, bella chiavata!”.
Se non vi è mai capitato che vi venisse fatto un tale complimento non è perché non avete figli o avete cresciuto dei buzzurri, è semplicemente perché non capita.

Non capita perché la gente ha, seppur di poco, le idee più chiare su come si viva rispetto a come si faccia una fotografia.

Facciamo un breve conto: consideriamo come tempo di scatto 1/125 di secondo, ciò significa che ogni 125 scatti una persona ha impiegato 1 secondo della sua vita a scattare. Secondo me anche il più disgraziato dei fotografi prima di fare 125 scatti ci pensa almeno 3 secondi, per cui in 4 secondi è in grado di fare 125 fotografie di merda da cui selezionare la migliore, ma ha comunque utilizzato solo il 25% del suo tempo a scattare, il restante 75% ha addirittura pensato.

Vediamo quindi che anche nella peggiore delle ipotesi, il tempo di scatto è molto piccolo, per cui chiamare “scatto” l’immagine finale è decisamente riduttivo. Non solo è riduttivo, è addirittura fuorviante perché non descrive in nessun modo come si faccia una fotografia; sposta l’attenzione su quel breve istante in cui azioniamo l’otturatore e suggerisce che scattare, scattare e continuare a scattare sia il modo per portarsi a casa lo “scatto” buono.
Invece è la strada più breve per riempire schede di memoria e hard disk di pattume digitale.

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