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Il pittorialismo colpisce ancora

pittorialismo

Proprio quando speravamo di essercene liberati, il pittorialismo rientra a gamba tesa con la nuova moda de ritratti fine art.
Se vuoi subito sapere la nostra opinione sulla questione “ritratti fine art” e cosa proponiamo nel nostro studio fotografico, puoi leggere direttamente QUESTO ARTICOLO.

Altrimenti rimbocchiamoci le maniche e andiamo ad infilarci fino ai gomiti in questa palude stilistica.

Prima di addentrarci nell’argomento, partiamo dalla definizione di “pittorialismo” e di “straight photography“, giusto per sapere di cosa stiamo parlando. Sono prese paro paro da Wikipedia, quindi, chi già le conosce, le può saltare e passare alle nostre considerazioni.

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Il pittorialismo

Il pittorialismo fu un movimento della fine del XIX secolo nato per elevare il mezzo fotografico al pari della pittura o della scultura. La fotografia venne spesso paragonata con disprezzo a semplice strumento di riproduzione della realtà, a causa del procedimento meccanico e automatico richiesto per la produzione delle immagini. Lo scopo dei pittorialisti fu quello di apportare la manualità e il senso estetico necessario per rendere la fotografia un’opera comparabile a quella delle arti maggiori.

I fotografi che parteciparono a questo movimento utilizzarono le tecniche e i processi che più rendevano l’immagine simile ad un disegno, adoperando la stampa alla gomma bicromata o al bromolio, gli obiettivi soft-focus o la stampa combinata di più negativi su un unico positivo. Per questi motivi, il processo preferito dei primi pittorialisti fu quello della calotipia, dove la superficie irregolare del supporto cartaceo rendeva confusi i dettagli.

Spesso gli stessi pittorialisti provenivano da esperienze di pittura o scultura e convertivano le regole delle arti alla pratica fotografica. Influenzati dal movimento dell’impressionismo, i pittorialisti abbandonarono lo studio in favore degli spazi aperti, per meglio catturare lo spirito e la luce della natura.

Da Wikipedia

pittorialismo
Oscar Gustave Rejlander – Fotografia in grande formato (76×40,5 cm) costituita dal montaggio di 32 negativi, che formalmente si rifà alla Scuola di Atene di Raffaello. Grazie TheWalkmen.it, non lo sapevo!

La straight photography 

La straight photography (“fotografia diretta”) è una tendenza del linguaggio fotografico che nasce nella prima metà del Novecento in opposizione alla corrente del pittorialismo e in generale a ogni forma di manipolazione dell’immagine estranea alle specificità linguistiche del mezzo, o a quelle che venivano riconosciute come tali.

La locuzione compare per la prima volta nel 1904, sulla rivista fondata da Alfred Stieglitz, Camera Work, in un articolo del critico d’arte Sadakichi Hartmann. Ebbe il suo centro nevralgico negli Stati Uniti, in relazione alla diffusione della fotografia documentaria, alla nascita della figura del fotoreporter e alla crescente attenzione di matrice giornalistica nei confronti delle grandi questioni sociali. In questo senso si inserisce il messaggio della straight photography: qualunque cosa in grado di alterare la fotografia rende automaticamente meno puro lo scatto e, quindi, meno vero. Tecnicamente, questo significa un netto distacco dall’utilizzo di filtri o obiettivi pre-esposti e di particolari procedimenti di sviluppo e stampa.

Da Wikipedia

Walker Evans –  Pioniere della straight photography, la sua mostra “American Photographs” è stata la prima mostra MOMA di New York dedicata ad un singolo fotografo.

Il pittorialismo oggi


Ok, questo post potrebbe anche finire qui, ma la polemica è il profumo della vita, quindi procediamo col pittorialismo.
A questo proposito cito Francesco, compagno d’ufficio, che ci regalò la seguente perla: la polemica non è mai sterile, genera sempre altra polemica.

Osserviamo le date. La fotografia nasce all’inizio del 1800, nella seconda metà del 1800 nascono i fotografi.
Già verso la fine del secolo iniziano a porsi il problema su come la fotografia si debba rapportare alla pittura.
Sotto il peso del pregiudizio che ne sia una sorella minore, stabiliscono che per nobilitarla si debbano introdurre tecniche e manipolazioni non necessarie alla fotografia stessa, ma funzionali a farla assomigliare alla pittura e renderla un’arte meno sfigata.

Agli inizi del 1900 ci si accorge che la fotografia ha una sua dignità e che per trovare la sua strada non deve scimmiottare la pittura. Anzi, deve crearsi un suo linguaggio e un suo scopo nel mondo, indipendenti. 

Non voglio fare un riassunto mal fatto della storia della fotografia ai suoi albori, ma questo excursus mi serve a formulare la seguente domanda.

Perché nel XXI secolo, dopo che siamo andati nello spazio, inventato internet, sconfitto terribili malattie tipo la peste e la TBC, stiamo ancora cercando di trasformare le foto in dipinti per farne della “vera arte”?

La mia foto di profilo di Linkedin, resa magistralmente artistica da un app online.

La prima piaga

Tutte le app e i siti che promettono di trasformare la tua foto in un’opera d’arte, fertilizzano il terreno per l’impianto del pittorialismo. Come? Aggiungendo degli effetti pittorici digitali.

Che veicola due messaggi, entrambi pessimi.

Il primo è che anche se la tua foto  è ‘nammerda, non è ‘nammerda perché non ha senso e non sei buono a fare le foto, manchi di cultura fotografica e sei tecnicamente una scarpa: no, è perché non assomiglia ad un quadro.
Dalla in pasto ad una app che simula la pittura e vedrai che con quel twist pure ‘nammerda piglia subito valore.

A corollario di questo primo pensiero concludiamo anche che se un pittore copia una fotografia e il risultato è figo, ovviamente l’arte è del pittore.
La fotografia era solo uno spunto, anche se tutto ciò che ha di buono il quadro è praticamente ciò che aveva di buono la fotografia.
Il secondo, è che non si dà proprio il caso che tu con la tua fotografia possa già aver fatto un dell’arte. Manca comunque il twist pittorico, che si sa, è il vero indicatore dell’opera d’arte.

Quindi la conclusione è che se vuoi fare dell’arte ma non sai dipingere e nemmeno fotografare (provare con la scultura?) puoi fare una foto demmerda e poi una app la renderà arte per te. Wow!

fine art portrait
Ho semplicemente cercato su google “fine art portrait”. Tolto un McCurry a caso, direi che il resto rende l’idea di quello che sto per dirvi.

La seconda piaga

Perché fare una foto mediocre tu e poi convertirla in un pseudo-dipinto con una app gratuita, quando puoi pagare un botto di soldi e avere un ritratto “fine art” in uno studio fotografico?

Già – “perché no?”- si sono chiesti in molti. Infatti un certo numero di studi ha iniziato ad offrire il ritratto “fine art”.

Per farla breve, si tratta di un ritratto dove normalmente vengono fatti indossare vestiti d’epoca, viene illuminato in modo caravaggesco, viene post prodotto ad imitazione di una pittura iperrealista e poi viene stampato su carta cotone o qualche altro supporto che assomigli più ad una tela che alla carta fotografica ordinaria.

Non nego che in alcuni casi il risultato sia stupefacente e che vedersi rappresentati così possa anche essere divertente. Ma non è arte e nemmeno fotografia.

Di questo parliamo più espressamente QUESTO ARTICOLO.

I nostri valori

Noi da Plastikwombat abbracciamo in toto l’idea che la fotografia sia un mezzo nuovo e indipendente dalla pittura. La fotografia ha una sua estetica e un suo linguaggio in continua evoluzione, a cui bisogna prestare costantemente attenzione per vivere e raffigurare il presente.

Per questo ci teniamo al fatto che una nostra foto sembri non solo una foto, ma una foto scattata nel XXI secolo.
In particolare crediamo che:

  • 1- La fotografia è uno strumento autonomo con una propria dignità, come la presenza di fotografie in collezioni sia private che museali ormai dimostra da tempo.
  • 2- La fotografia ha sviluppato e deve continuare a sviluppare un linguaggio proprio.
  • 3- A questa ricerca ed evoluzione possano contribuire sia i grandi fotografi riconosciuti, sia chi nel suo piccolo cerca di fare seriamente e con passione il proprio lavoro.

Non ti sarà difficile capire perché, quando vediamo pubblicità come queste (che sono rivolte a professionisti) ci si accappona la pelle e ci resta un certo amaro in bocca.
Le parole “art” e “preset” non dovrebbero mai comparire nella stessa frase.

fine art presets
Orrori a cui nessuno dovrebbe essere esposto. Invece il targeting è feroce!
Scopri il servizio Fine Art Portrait



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