Lo so che man mano che invecchio peggioro e sviluppo sempre più idiosincrasie lessicali che non fanno che peggiorare il mio disgustismo (dopo il successo di “petaloso” concedetemi di introdurre “disgustismo” e nonostante questo continuare a criticare il lessico altrui), ma “emozione” e “creatività” (lasciamo per ora alla ristorazione l’esclusiva della “piacevole sorpresa”) stanno decisamente sbrodolando fuori da un ambito di utilizzo sano ed appropriato. Pochi minuti fa mi è comparsa la pubblicità di non so quale rivista di fotografia che proponeva i “cinque trucchi per liberare la tua creatività”, o qualcosa di simile.
Uno dei trucchi per la liberazione, apparentemente era più o meno il mix di canali in Photoshop che vedete qui sopra; figo eh? Certamente, se uno non l’ha mai visto magari gli sembrerà pure originale e forse quest’immagine riuscirà anche a catturare il suo interesse. Ma poi? È come mettersi ad urlare in mezzo alla strada e una volta che si è riusciti ad attirare l’attenzione di un capannello di gente, non aver nulla da dire ed iniziare a giochicchiare col telefono o chiedere semplicemente se qualcuno ha da accendere. Non credo che la prenderebbero bene: se uno strilla ci si aspetta abbia qualcosa di più importante da comunicare.
Come dice la parola stessa, essere creativi significa saper creare, oppure, in termini più umani, fare qualcosa che prima non c’era o se c’era non veniva fatto in quel modo. Chiaramente delle tecniche di Photoshop o di ripresa note a tutti e divulgate attraverso una rivista non sono qualcosa di nuovo, di conseguenza da sole non sono qualcosa di creativo, sono soltanto fumo negli occhi per chi è inesperto e ci vede una novità, un’idea originale. Il trucco può anche riuscire, ma è un po’ come andare ad offrire perline di plastica in cambio di terreni a chi non conosce né il valore della terra, né ha mai visto delle perline di plastica.