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“Con i miei occhi” di Baricco è una cagata pazzesca!

(In copertina la foto della mia faccia che non sta credendo a quello che vede)

Qualcuno lo doveva dire, fortunatamente scopro di non essere la prima, per cui vi lascio innanzitutto delle referenze di altri anche più titolati di me che hanno già enucleato la questione.
Maurizio Valdarnini Maurizio G. DeBonis, Sara Munari, (se trovate altro mandatemelo che lo aggiungerò) e in calce a questo post aggiungo anche il testo di Valdarnini per chi non riuscisse a vederlo su Facebook.
Non ha ovviamente senso cercare di dire qualcosa sulle foto di Baricco che trovate qui se non che stanno alla fotografia come l’opera di una scimmia ubriaca che batte su una tastiera sta alla letteratura. Ma davvero. Non stiamo parlando di foto magari ingenue di un fotoamatore alle prime armi, stiamo parlando di un tentativo maldestro di utilizzare un linguaggio e un mezzo su cui non si hanno le benché minime premesse.

Chiaramente non ce l’ho con Baricco, che è libero di fare tutte le foto che vuole, belle o brutte che siano, di aprirsi i suoi account Instagram, Tumblr, Flickr, Picasa, farsi la pagina su Facebook con “Alessandro Baricco – Ph”. Io suono da cani ma mi diverte e ho diritto di farlo, come abbiamo tutti diritto di cantare male, dipingere male, fotografare male, scolpire male, cucinare male finché questo ci gratifica, ci arricchisce (interiormente o economicamente) o ci dà anche solo qualcosa da fare mentre aspettiamo l’abbraccio della grande mietitrice.    
Ma che un giornale di tiratura nazionale dia spazio non una volta, ma cento volte (capite? Cento volte è qualcosa che ha già un sapore biblico, epico, simbolico… come Brian di Nazareth che scrive cento volte sulla facciata “Romani ite domum”) a questa “fotografia” è un problema. Un problema di cultura fotografica, di cultura dell’immagine, di cultura in generale. E’ come se da domani al posto di Cracco a Masterchef comparisse mio padre, un uomo in gamba a cui voglio un sacco di bene, ma l’ultima volta che gli ho chiesto se poteva metter su l’acqua per la pasta ho trovato sul fuoco un pentolino per scaldare il latte riempito d’acqua a metà con dentro due pugni di sale grosso. Per dire.

Chi sono io per sparare a zero sulle foto di Baricco? Nessuno, ma sparo ugualmente.

A volte bisogna prendersi la responsabilità di dire qualcosa. Magari non capisco l’arte di Baricco come Fantozzi non capiva quella di Eisenstein. Se ho sbagliato io mi metterò in ginocchio sui ceci, non c’è problema. Per ora resto ferma sulla mia posizione: una cagata pazzesca!
——————

Gent.mo Alessandro Baricco
le scrivo in merito alla sua rubrica ‘ il mondo con i miei occhi’ pubblicata sulle pagine del quotidiano La Repubblica.
Ho letto con interesse ed attenzione il testo che ha introdotto la rubrica e, come sempre mi accade quando leggo i suoi scritti, ho apprezzato e gioito.
In particolare di questo articolo ho condiviso l’analisi riconoscendomi nelle complessità e nei profondi mutamenti che questa epoca esprime.
Ho avuto il piacere di incontrarla in occasione del ritratto fotografico che realizzai per la copertina de il Venerdì e da fotografo ho sentito l’impellenza di comunicarle il mio disagio nei confronti di questa sua iniziativa.
Da più di trent’anni svolgo, parallelamente alla mia attività di fotografo, quella di docente e questo inscindibile ruolo di autore-formatore condiziona la formulazione di questo appunto.
Ho atteso con pazienza lo svolgersi quotidiano dell’esibizione mordendo il freno e sperando in un immagine, che non é arrivata, che giustificasse il tutto.
La sublime intuizione che ci ha regalato, per iscritto, individuando differenze nella disposizione dei bovini nei pascoli è stata annichilita dalla foto pubblicata che non aveva nemmeno la dignità di didascalia del testo stesso pur essendo una tra le foto migliori.
Lei onestamente ci avverte sin dall’inizio di non essere un fotografo ma allora se la sua intelligenza riconosce questa evidenza perché non l’ha applicata fini in fondo?
le verrebbe mai in mente (supponendo che lei sia una campana!) di suonare o cantare durante un concerto sul palco solo perché è amico del musicista?
Pubblicare è un atto che implica responsabilità ed essendo il suo pulpito assai importante questo suo atto, seppur mosso da intenti assai degni, appare come un banale istinto di vanità o di puerile vendetta: se tutti scrivono senza competenze perché non posso, senza competenze, fotografare pure io?
E non mi basta il fatto che la sua autore-volezza le consenta di accedere alle pagine di un quotidiano che, tra l’altro, per tradizione disprezza la fotografia.
In italia, con raccapriccio, si assiste ad una completa mortificazione della fotografia.
Non intendo certo l’apprezzamento e la diffusione che la fotografia ha ma della sua considerazione in quanto testo autonomo e mi rammarico nel constatare che anche menti brillanti assecondino tale deriva culturale.
Prova ne sia il colpevole silenzio dei critici e dei giornalisti specializzati in merito alle sue foto.
Credo di avere ampiamente superato i limiti di battute suggerite dalla buona educazione ma, capirà, il dono della sintesi l’ho consacrato alla fotografia.
cordialmente
Maurizio Valdarnini

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