Le dimensioni contano, i Megapixel di meno

dimensioni megapixel
A chi va in giro portandosi in braccio un bebè, la domanda che viene posta con maggior frequenza è “quanti mesi ha?”; il genitore ovviamente è in grado di fornire una risposta estremamente precisa che genera sempre l’approvazione del curioso.

Se vai in giro con una macchina fotografica digitale ti chiedono invece “quanti Megapixel ha?” e se rispondi con un numero troppo basso, a differenza dell’età del bebè, non ottieni l’effetto di intenerire il tuo interlocutore ma uno sguardo di sufficienza.

Io ne ho 45,7 (di Megapixel, di anni qualcuno in più e ormai non intenerisco nessuno) ma ho dovuto controllare adesso su Google perché non me lo ricordo mai con certezza, un po’ perché ho una pessima memoria nel ricordare dati e numeri, un po’ perché non è stato il criterio in base al quale ho fatto l’acquisto, perché non è vero che un maggior numero di Megapixel equivale necessariamente da una maggior qualità dell’immagine.
Per capire di cosa stiamo parlando pensiamo all’immagine digitale come ad un mosaico composto da tante tessere quadrate. Immaginiamo di dover fare un mosaico grande 20×30 cm e di avere a disposizione delle tessere di 1 cm per lato: potremmo contare su 600 tessere per comporre la nostra immagine. Se volessimo migliorare la risoluzione per avere un’immagine meno quadrettata potremmo pensare di usare tessere da 0,5 cm per lato, per un totale di 2400 tessere.
Avremmo le stesse dimensioni dell’immagine (20×30 cm) ma per ogni tessera dell’immagine di partenza, ora ce ne sarebbero quattro, con maggiore possibilità di creare sfumature e dettagli.
E così via: potremmo continuare a sostituire ogni tessera con quattro tessere più piccole continuando ad aumentare la risoluzione, senza cambiare le dimensioni dell’immagine.
Se invece volessimo ottenere un’immagine più grande, senza variare la risoluzione, potremmo partire dalle nostre 600 tessere, costruirne di identiche ma da 2 cm di lato e comporre la stessa immagine da cui siamo partiti, ma questa volta 40×60 cm.
Avrebbe la stessa risoluzione di quella 20×30 cm con le tessere da 1 cm di lato ma, essendo più grossa e con tessere da 2 cm di lato, vedremmo la quadrettatura in maniera più evidente.

Fin qui, tutto punta verso il fatto che per avere una qualità di immagine migliore, soprattutto man mano che la voglio visualizzare più grande, occorre aumentare il numero di tessere, ovvero i Megapixel.

E se le tessere da 1cm e quelle da 0,5cm non fossero proprio uguali ma quelle da 1cm fossero di qualità superiore, con colori più belli, tagliate con maggior cura, sarebbe meglio il mosaico 20x30cm con 600 tessere buone o lo stesso mosaico con 2400 tessere economiche?
Lascio questo dilemma ai costruttori di mosaici e vi do direttamente la risposta per i sensori: le dimensioni dei pixel contano.
Un iPhone 16 vanta ben 48Mp, molti di più dei 12,3Mp della Nikon D300 che usavo nel 2009 e un po’ di più della D850 che uso adesso. Per capirci, la Nikon D300 aveva circa i megapixel di un Galaxy S4 (2013) o un iPhone 6s (2015). Però con la Nikon D300 si facevano foto stampabili tranquillamente fino a 70×105 cm, mentre coi suddetti smartphone, neanche per sogno.
Ma perché? Seguendo il paragone del mosaico, il sensore di uno smartphone è grosso circa un decimo del sensore di una fotocamera DSLR (come le Nikon di cui abbiamo parlato). Per farci stare anche solo lo stesso numero di tessere, queste devono essere dieci volte più piccole. E le tessere piccole non sono di buona qualità.
Per cui abbiamo sì un’immagine che nominalmente ha una risoluzione maggiore, ma questo non si traduce in una maggior qualità, nitidezza e definizione (tralasciando ovviamente dimensioni della lente e altri aspetti).
Quindi la domanda giusta da fare non è “quanti megapixel hai?” ma “quanto è grosso il tuo sensore?”.
Che poi è comunque la domanda sbagliata perché quello che in fondo importa è poi cosa ci fai, se sei un pessimo fotografo non saranno le dimensioni del sensore o i Megapixel a farti fare bella figura.
Senza dimenticare che per fare una buona fotografia serve innanzitutto un’idea, successivamente le capacità tecniche per realizzare ciò che si ha in mente (dall’illuminazione, allo scatto alla post produzione) ed infine l’attrezzatura adatta. Adatta non significa necessariamente buona, ma adeguata a ciò che si deve realizzare. Se oltre ad un’attrezzatura adatta la vogliamo anche buona non vanno trascurate le ottiche; che siano trascurate è ovvio perché sento parlare tutti di Megapixel e ben pochi di numero f. Perché l’ottica è tecnologia meno recente e affascina di meno.

 

Questo è il blog dello Studio Fotografico Plastikwombat, Silvia Vaulà e Paolo Grinza fotografi

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